Niente carcere, solo multe

Passa alla Camera la “nuova diffamazione” Il carcere per i giornalisti in caso di diffamazione è stato cancellato: saranno possibili solo pene pecuniarie. Con multe che vanno da 5 a 10mila euro o, in caso di fatto «consapevolmente falso» da 10 a 50mila euro. È nel testo della proposta di legge approvata ieri dalla Camera dei deputati, e che ora passa al Senato. Viene imposto però l’obbligo di rettifica – su richiesta dell’offeso – senza possibilità di commento a meno che non siano penalmente rilevanti oppure «inequivocabilmente false». E la rettifica tempestiva verrà considerata dal giudice come causa di non punibilità. Viene poi stemperata la responsabilità del direttore per omesso controllo, che in fatti recenti ha raggiunto – come denunciato dal Sindacato cronisti romani – casi paradossali, come quando un direttore è stato condannato a otto mesi di prigione per non aver controllato il testo di un necrologio. Ora l’omesso controllo può essere imputato al direttore o al suo vice facenti funzioni se vi è un nesso di casualità tra omesso controllo e diffamazione. La pena – sempre pecuniaria – in questo caso è comunque ridotta di un terzo rispetto al giornalista che ha redatto il testo ritenuto diffamatorio. Il direttore potrà delegare – per iscritto – un altro giornalista alla vigilanza dei servizi, e questi si troverà responsabile – anche penalmente – dell’attività di controllo. Ancora: in caso di condanna, sarà obbligatoria la pubblicazione della sentenza. I giornalisti autori del servizio ritenuto diffamatorio, in caso di recidiva, potranno essere interdetti dalla professione per un tempo da uno a sei mesi. In caso di richiesta di rettifica, il direttore sarà obbligato a informare l’autore del testo o servizio diffamatorio, perché questi sarà nominato obbligatoriamente nella replica di tutela dell’offeso. Se la sanzione penale prevede un massimo di 50mila euro nei casi più gravi, l’azione civile – che si potrà intentare entro due anni – potrà comportare una richiesta di risarcimento più elevata, ma – per la proposta di legge che ora passerà al Senato – questa dovrà essere commisurata anche alla diffusione e importanza della testata, oltre che naturalmente dalla gravità dell’offesa. Novità sulla questione – più volte rimarcata dal Sindacato cronisti romani – delle “cause temerarie”, le cause cioè con richieste esorbitanti previste ad arte per intimidire i giornalisti. Nel testo della proposta di legge, in caso di cause temerarie sarà prevista un’ammenda fino a diecimila euro a carico del querelante (se causa penale) o un rimborso commisurato alla somma richiesta in caso di causa civile senza fondamento.

SCR

25/06/15

Previous post Aggressioni costanti a Federica Angeli su Facebook. Rimuovere le ingiurie dai social network
Next post Riformiamo la Rai Bene Comune Salvaguardiamo il servizio pubblico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social profiles