I CENTO ANNI DELL’ARCHELOGICA

di Romano Bartoloni

Più la frequenti, la conosci da vicino, ti lasci ammaliare dal suo fascino, e più l’ami, la rispetti, ti appassioni al suo destino. Non ti rimprovera, anzi gioisce, se tu metti in piazza i suoi segreti. Non ti tradisce, se tu le offri il tuo cuore, la tua anima. Roma non è uguale per tutti. Si può trascorrere una vita nella completa indifferenza, rincorrendo gli affanni del tran tran quotidiano. Il caso è raro, ma la miopia è oggi un difetto diffuso.

Chi ha occhi per guardare e ammirare, sente qualcosa sciogliersi dentro, quando la domenica mattina, con il traffico in sordina, la città torna a dimensione umana e i suoi mille volti si svelano senza reticenza. I più fortunati e intraprendenti hanno acquisito la vista lunga e, pur nelle giornate caotiche quando ti sembra precipitare nei bassi fondali di una metropoli impazzita, rifiatano girando lo sguardo verso un monumento amico. In questa epoca di vitalità culturale e di maggior tempo libero, ma anche di longevità intellettuale nello spirito e nel corpo, si sono infoltite le schiere di romani, inurbati, forestieri, stranieri trapiantati, ospiti e turisti per caso, tutti innamorati delle infinite Rome che hanno cavalcato tremila anni di storia dentro e fuori le Mura Aureliane, dentro e fuori i confini della Penisola.

Da cento anni, da quel significativo 21 aprile del 1902, l’Associazione archeologica romana consegna le chiavi della città e delle porte riservate a coloro che coltivano la passione della ricerca e dello scavare sotto o sopra la coltre dell’Urbe.

Al tempo dei natali dell’Associazione, sull’onda delle emozioni provocate dalle tante scoperte e riscoperte nelle trincee dei cantieri di Roma capitale, si raccolsero in cenacolo i più illustri archeologi e studiosi di cose romane. Furono i pionieri delle avventure in città che, attraverso i decenni, hanno seminato la passione per la cultura, la storia, l’arte e la leggenda per il mondo romano e, poi, via via per le altre civiltà. Generazioni di appassionati, all’inizio i più acculturati e in seguito l’uomo della strada semplicemente curioso di conoscere i modi di vivere degli antenati, hanno imparato a viaggiare nella macchina del tempo e a riconoscere e riconoscersi negli umori, nelle mura, nelle arene e nei vicoli del proprio rione, o del quartiere o della periferia della città. Pagine e pagine del passato, vicino o lontano, sono state lette e rilette (nelle conferenze, nei sopralluoghi, nellle visite guidate, nei viaggi nel tempo e nello spazio), avvincendo all’amore i cuori di professionisti, artigiani, commercianti, operai, studenti. Negli ultimi anni, i pensionati, con la voglia di ricominciare caratteristica della terza e quarta gioventù di oggi, stanno costituendo un pilastro per la conquista di nuovi traguardi di successo alla svolta del secondo centenario dell’Archeologica.

Benché si viva in tempi di villaggio globale e di comunicazione senza frontiere, la torre di Babele dei linguaggi domina sempre il mondo e le incomprensioni tra i popoli possono essere profonde. Viceversa, le grandi mutazioni tecnologiche hanno favorito l’archeologia e le pietre della storia parlano chiaro e senza più lingua biforcuta. Persino le leggende della Roma di Romolo sono diventate realtà palpitante, offrendo anche a noi, comuni mortali, la possibilità di carpire i segreti del latinorum.

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