Di Maio denuncia nove giornalisti

IL SINDACATO CRONISTI ROMANI: “LE LISTE SONO UN METODO DA REGIME”

Intimidazione. Delegittimazione. Bavaglio. La lista del deputato e vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che ha indicato un elenco di nove colleghi all’Ordine dei giornalisti reclamando provvedimenti disciplinari per come è stata seguita la vicenda Raggi-Romeo, è un’iniziativa preoccupante. Non è infatti l’opinione di un normale cittadino, ma è la denuncia pubblica di un leader politico con una responsabilità istituzionale che – volontariamente o no – prova a delegittimare, quindi a censurare, il diritto di cronaca. Un atto politico grave in tempi in cui è sempre più necessario un confronto sereno che peraltro nella categoria proprio ora c’è, ed è anche autocritico come mai è stato nel recente passato.
Il Sindacato cronisti romani è solidale con i giornalisti coinvolti respingendo il metodo delle liste, tentazione ricorrente della politica. Qui non siamo più al livello di accuse generiche e pesanti, come pure è avvenuto tante volte, ma all’elenco dei “non graditi”, peraltro diffuso proprio quando l’autorità giudiziaria sta indagando su entrambi i protagonisti della vicenda di cronaca riportata dai giornali.
Processati e condannati dal giudice unico Di Maio, invece, sono i cronisti. 
Il Sindacato cronisti romani non pensa che i giornalisti siano intoccabili, anzi: le responsabilità di chi fa il nostro mestiere sono maggiori dei comuni cittadini. Ma la politica ha gli strumenti per far conoscere il suo punto di vista senza criminalizzare chi scrive, senza diffondere liste che hanno l’effetto contrario di quello che si dichiara di voler ottenere, e cioè il racconto della verità.
Il primo strumento è la rettifica. Si contesta il caso concreto con una lettera alla testata, si usano argomenti. Il rumore è nemico dell’ascolto. Di Maio ha risposto a un invito del presidente dell’Ordine dei giornalisti, quello di segnalare i presunti casi deontologicamente scorretti. Ma avrebbe dovuto farlo senza una grancassa sui nomi che sa di propaganda. Un metodo che si avvicina pericolosamente a quello delle black list dei regimi totalitari.

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