I CRONISTI PER LA RIFORMA DEL REATO DI DIFFAMAZIONE

Sono due legislature che la commissione giustizia della Camera discute senza costrutto una serie di progetti di ogni parte politica sulla riforma delle norme del reato di diffamazione a mezzo stampa. A parole, i parlamentari riconoscono l’esigenza di tutelare, senza pregiudizi e riserve mentali, il diritto-dovere di cronaca contro le querele facili e l’importanza di mettere il giornalista al riparo dalle interferenze a scapito della libertà di espressione e di critica. Nei fatti, traspare la deformazione culturale del sistema dei poteri che aspira a spargere polvere di conformismo sull’informazione e a mantenere il controllo delle regole del gioco con l’arma dell’intimidazione (appunto le querele facili e norme capestro contro il segreto professionale ecc.) e con la stretta marcatura delle fonti di informazione (veline e conferenze-stampa a getto continuo e a senso unico, abuso di segreti, reticenze ingiustificate, smentite fasulle ecc.).

Per contribuire a rimuovere una situazione di stallo, l’Unione nazionale cronisti italiani ha inviato un pacchetto di proposte al ministro della giustizia, Castelli, che tempo addietro sembrava interessato a intervenire, e alla II commissione giustizia della Camera, ricordando che i cronisti, per la loro specifica attività, sono i più direttamente coinvolti nei rapporti con l’autorità giudiziaria e i più esposti ai rischi di querele, di comunicazioni giudiziarie e di cause per risarcimento danni con grave nocumento per il loro mestiere.
1) La responsabilità penale del direttore responsabile solo quando non si conosca l’autore dell’articolo in contestazione, fatti salvi gli obblighi derivati dalle leggi sulla stampa e sulla professione giornalistica, e le responsabilità conseguenti i patti contrattuali
2) Rettifica come condizione pregiudiziale alla richiesta di risarcimento danni con tempi di pubblicazione compatibili con i necessari controlli sulla veridicità della smentita e delle precisazioni richieste
3) il diritto al risarcimento del danno va prescritto entro tre mesi per evitare un uso strumentale del ricorso all’autorità giudiziaria
4) a scanso di possibili suggestioni liberticide in casi di circostanze eccezionali di ordine pubblico, rimanga facoltativa e straordinaria la pena accessoria dell’interdizione temporale dall’esercizio della professione (in oltre 50 anni di democrazia i casi di interdizione si contano sulle dita di una mano)
5) emendamento del comma 3 dell’articolo 200 del Codice di procedura penale sul segreto professionale (tutelato dalla legge sull’Ordine e dal Consiglio d’Europa) affinchè le disposizioni di totale riconoscimento e tutela, previste dai commi 1 e 2 per medici, avvocati e levatrici, siano estese anche ai giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti
6) divieto di perquisizioni, sequestri, interrogatori, fermi di polizia, intercettazioni telefoniche nei confronti dei giornalisti, in particolare se finalizzate all’individuazione delle fonti di informazione ritenute responsabili di fuga di notizie
7) esclusione della corresponsabilità dei giornalisti nelle violazioni dei segreti di indagini, di ufficio ecc. provocate da terzi specie se ignoti
8) riconoscimento del prevalente interesse pubblico del diritto di informazione al fine della completezza e comprensione della notizia rispetto al diritto del singolo quando non si ledano i dati sensibili della privacy
9) garanzie per il diritto del giornalista all’accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni con modifica all’art. 23 della legga 7 agosto 1990, n 241 (estensione del diritto anche nei confronti di gestori di pubblici esercizi e di soggetti partecipati da capitale pubblico) e con modifiche al Dpr 27 giugno 1992, n. 352 (riconoscimento dell’essenzialità dell’informazione, di un interesse qualificato e legittimazione della funzione del giornalista con immediato diritto di accesso in via informale).

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