I POTERI E LA VOGLIA DI BAVAGLI

La gragnola di pesanti reati penali sparata dal sostituto procuratore di Roma, Silverio Piro, contro i giornalisti de “Il Tempo”, rei di una campagna di stampa (disegno criminoso agli occhi del magistrato) sul Sindaco e sui mali della città, tradisce in realtà un dilagante clima di intolleranza e di voglia di bavagli, anche di certi specifici settori della magistratura, nei confronti dei cronisti ficcanaso e, più in generale, dell’informazione critica sui poteri. La decisione del magistrato solleva inquietanti interrogativi sugli effettivi scopi e intenzioni di allargare l’inchiesta, perché sarebbe bastato, in seguito alla querela di parte e secondo l’abituale prassi giudiziaria, verificare se vi fossero o meno gli estremi del reato di diffamazione. A questo tentativo senza precedenti di intimidazione, il Sindacato cronisti romani e l’Unione nazionale cronisti italiani hanno reagito rivolgendo un appello al Consiglio superiore della magistratura, affinché possa far chiarezza sull’iniziativa del sostituto Piro anche alla luce delle recenti dichiarazioni del procuratore della Repubblica, Salvatore Vecchione, a proposito dell’opportunità di un giro di vite sulla cronaca giudiziaria.

Ancora una volta, l’attacco al diritto-dovere di cronaca parte da settori della magistratura che, peraltro, contano su una non impossibile svolta legislativa a favore delle loro suggestioni liberticide. In commissione giustizia al Senato si assiste a un incredibile paradosso dal sapore di beffa. Con una mano i senatori-commissari stralciano le norme manette-bavaglio dal ddl inviato dalla Camera sul giudice unico (ed è stato un successo dell’azione condotta dalla Fnsi e dai cronisti), con l’altra, fra la generale indifferenza, portano avanti un altro ddl anticronisti. Il disegno di legge rilancia le stesse misure illiberali introdotte dalla Camera a modifica dell’art. 684 del Codice penale (violazione del segreto sulle indagini), peraltro appesantendo le pene rispetto a quelle proposte dai deputati per i cronisti: sei mesi di galera invece di 30 giorni. La modifica dell’articolo in questione non rappresenta l’unica forma di attentato alla libertà di stampa. Secondo le innovazioni proposte da 45 senatori (un arco trasversale di parlamentari) nel ddl 3457 sulla costituzione degli uffici stampa presso le procure della Repubblica, comunicati “interviste e immagini videofotografiche (art. 5)” preconfezionate dagli uffici giudiziari potrebbero diventare il nerbo di ogni notizia, perché, secondo legislatori con la Costituzione sotto i tacchi, la parola delle Procure (nonostante le tante cantonate prese fino al caso Marta Russo), avrebbe forza di verità, obiettività, imparzialità e asetticità. Il cronista, che non rispetta le veline o ne cambia sole le virgole, rischia la pena del carcere e la sospensione dall’Ordine professionale.

Possibile che l’ennesimo grido d’allarme lanciato dai cronisti cada nel vuoto o, al massimo, stimoli il sindacato a coprirsi il capo di cenere? Sul diritto-dovere di cronaca ormai il gioco è scoperto e non inganna neanche i bambini. Politici, magistrati, potentati economici e persino bottegai fanno a gara nel propagare, meglio propagandare, un’informazione se non falsa sicuramente tendeziosa. Con quale scopo? Per far carriera, per impallinare gli avversari, per condurre in porto affari a scapito della concorrenza, per inconfessate o inconfessabili ragioni di gelosia, rivalità, scandalismo e protagonismo. E i giornalisti e i cronisti? Guardiamoci una volta tanto in faccia. Oggi i cosiddetti operatori dell’informazione attaccano la penna e il computer laddove vuole il padrone e, quindi, volenti o nolenti, subìscono il ricatto della deregulation professionale ed occupazionale e si prestano al gioco anche a costo di fare la figura dell’utile idiota. Se, poi, tra noi c’è qualche grillo parlante, stai certo che ambisce a conquistarsi un posto al sole nel campo del potere. Altro che Gran Giurì per la lealtà e la correttezza dell’informazione e altro che Carta dei doveri al di là delle lodevoli intenzioni dell’Ordine e della Fnsi!. Queste aspirazioni sono destinate a restare lettera morta fintantoche saranno calpestate o ignorate da tutti gli altri attori del mondo dell’informazione, a cominciare dagli editori che si sono rifiutati di sottoscrivere le proposte dei giornalisti.

Troppa gente si impiastra le mani con la marmellata della comunicazione. Sono i poteri pubblici e privati, e le loro fonti di informazione, che andrebbero disciplinati e inchiodati alle loro responsabilità contro le suggestioni alle manipolazioni, al conformismo, e al fai da te della comunicazione per liberarsi della scomoda interferenza della critica giornalistica. Quanto ci guadagnerebbero la professionalità e la qualità e la credibilità delle notizia, se finalmente si ponesse un freno all’esorbitante dilagare dei comunicati-veline e all’abuso di conferenze-stampa spot condite sole di chiacchere e di promesse ad uso e consumo dei burattinai della comunicazione e mai al servizio di fatti di autentico interesse pubblico.

Previous post CONTRO IL DDL ANTICRONISTI
Next post BENDATA L’OPINIONE PUBBLICA
Social profiles